Questo articolo prende spunto dalla arguta invettiva contro
il Liceo italiano del Bocconiano Liberale.
Ne condivido la maggior parte delle critiche. I problemi
evidenziati sono seri, reali e ancorati a dei cliché difficili da rimuovere.
Scagliarsi contro i cliché è anche il mio sport preferito, quindi ho apprezzato
molto l’articolo. Peccato che l’interpretazione sull’origine dei problemi sia a
sua volta infarcita di cliché di stampo opposto. Per esempio, perché far
risalire la mancanza di meritocrazia (che poi spesso non è vero) a una matrice
storica catto-comunista? Non mi pare che chi, negli ultimi 20 anni, si sia
proposto come alternativa a questo schema da Prima Repubblica abbia migliorato
la situazione, in ogni ambito della vita pubblica. Anzi. E inoltre, perché inquadrare
i lettori de La Repubblica come pseudo-intellettuali incapaci di vedere oltre
una presentazione superficialmente dotta della modernità? Sono un lettore de La
Repubblica e spesso ne riscontro i limiti nell’approccio a certe tematiche. Per
esempio, ho trovato mediamente stucchevole la scelta degli ospiti per La Repubblica
delle Idee, il festival culturale organizzato recentemente a Bologna. Solite
facce, solito armamentario. Ma bisogna essere volutamente orbi per non
accorgersi che La Repubblica è molto di più. Porta alla luce dei problemi
rilevanti dei quali altrimenti nessuno parlerebbe. (Tantomeno un Bocconiano
Liberale con quella splendida foto in testa al blog.) Assume un atteggiamento
critico e provocatorio verso certe fedi che nemmeno i disastri (economici,
ambientali, climatici) del nuovo millennio riescono a scalfire (ah com’era
bella la great moderation!). Insomma, può anche sbagliare ma svolge a mio parere
una funzione molto più utile rispetto, per esempio, agli equilibrismi di un
Corriere. Tolti questi sassolini dalle scarpe, posso ora tornare all’obiettivo
più serio di questo articolo: argomentare perché il Liceo pubblico italiano sia
comunque da salvare (ancorché da riformare). Conosco i miei polli: perché mai dovrebbe
essere lo Stato a offrire X e Y? Non potrebbe invece limitarsi a garantire il
diritto allo Studio finanziando l’accesso alle scuole private? Per il Liceo,
dei validi motivi esistono. Eccoli.
1)
Al Liceo pubblico c’è mescolanza di idee,
estrazioni sociali, radici culturali. Se il Liceo pubblico non fosse più un’alternativa
gratuita e, per così dire, “di default” (non intendo fallimentare!), figli di
genitori con preferenze simili si ritroverebbero nello stesso liceo, figli di
genitori con preferenze diverse si troverebbero in licei diversi. Ricordo il
Liceo come un momento bellissimo non solo (o forse addirittura non tanto) per
le conoscenze acquisite dalla cattedra, ma per quelle derivanti dall’incontro coi
soggetti più disparati. Immaginate invece un panorama scolastico dove i ricchi
stanno coi ricchi, i musulmani coi musulmani, e via dicendo. Come
interagirebbero poi tra di loro queste persone nel mondo post-liceale? Molti
che subiscono già certe scelte interagiscono male, lo sappiamo. Basta
accorgersene.
2)
Il Liceo pubblico riduce l’ereditarietà
ideologica fra genitori e figli. I motivi sono gli stessi di cui sopra. Ma
valeva la pena di sottolineare questo aspetto in un punto a parte. La vita
presente e futura di un bambino è già tremendamente influenzata dai genitori
che si ritrova. Ahimè, è la natura e va accettato. Mandarli al Liceo pubblico
non vuol dire certo farli allevare dallo Stato o dalla Patria come in un regime
nazista. E’ qualcosa di più simile mandarli invece in una scuola settaria. E in
più c’è un indesiderabile correlazione fra quello che sentono a casa e quello
che sentono a scuola.
3)
Il Liceo pubblico italiano offre una grande varietà
di conoscenze. E’ vero, sulle singole materie la qualità rimane spesso troppo
bassa, soprattutto in quelle scientifiche, come dimostrano test internazionali.
Ma questo dipende da altri fattori, come quelli messi in risalto dal Bocconiano
Liberale. Lo spettro ampio è solamente una ricchezza. Se ne ha l’impressione
parlando con coetanei di altri Paesi europei. Se non hanno scelto percorsi
specifici, spesso non sanno nulla di filosofia per esempio. È irrilevante per
la competitività del Paese? Non me ne frega niente.
4)
Il Liceo scientifico riduce l’ottuso disprezzo
italiota per la matematica. È un altro dei problemi messi in luce dall’articolo
del Bocconiano, ma non si può certo imputare a tutto l’istituto del Liceo
italiano (a meno che lui non intenda il Classico come il Liceo per eccellenza,
allora è vittima degli stessi cliché che critica!). Il crescente successo dello
scientifico è l’unica speranza per un’inversione di tendenza. Che poi a tenere in vita il classico (che non
disprezzo, sia chiaro, lo considero solo Paretianamente inferiore) sono proprio
le cosiddette élite, anche economiche.
Sono arrivato a 4, potrei
arrivare anch’io a 8 parlando delle difficoltà di implementare un efficacie
sistema alternativo. Spesso in Italia si dimentica che i problemi del pubblico sono
problemi dell’Italia tutta e si riflettono anche nel privato, mentre in altre nazioni
funzionano meglio sia il pubblico che il privato. Per non parlare della
commistione di pubblico e privato, dove si annidano i cancri più tremendi dell’Italia.
Le 8 critiche del Bocconiano Liberale meritano tutte considerazione. Cerchiamo
di affrontarle nel pubblico però e di non abbandonarci alla tentazione di
gettare il bambino con l’acqua sporca.
Dunque, questo Post del mio illustre coautore contiene molti spunti di riflessione interessanti. Ho una proposta alternativa. In una precedente conversazione orale avevo detto che secondo me non ci dovrebbe piu' essere una scuola pubblica, o privata. Lo Stato dovrebbe definire dei requisiti minimi, fare degli esami, e certificare l'avvenuta (o meno) acquisizione di "skillz" e conoscenze. Questo piu' o meno e' compatibile con tutti e quattro i punti sollevati nel post, e in particolare:
RispondiElimina1) In Italia non funziona ne' il pubblico, ne' il privato, ma funziona benissimo l'individuale
2) In Italia si disprezza la matematica, ed il Bocconiano Liberale probabilmente ha ragione che e' colpa di Croce & co., perche' prima c'erano stati Gini, Pareto, Fibonacci, Peano, Lagrangia, e quant'altri. Basterebbe includerla tra i requisiti e si otterrebbero gli stessi risultati del Liceo Scientifico (sulla cui Pareto-superiorita' non c'e' dubbio). Per di piu', la quantita' di risorse da dedicare a una o all'altra materia sarebbe lasciata all'individuo, percio' chi ha piu' bisogno di matematica passerebbe piu' ore con un insegnante di matematica. Questo tra le altre cose in equilibrio aumenterebbe il reddito di chi studia matematica, generando un circolo virtuoso.
3) Sulla commistione culturale, sono sicuro che avverrebbe comunque, dato che il metodo di studio piu' efficiente garantirebbe ai nostri figliuoli un sacco di tempo libero da spendere giocando a pallacanestro coi loro vicini di quartiere (gli stessi con cui vanno a scuola adesso).
Se questo suona come una provocazione, riparliamone tra una decina d'anni. Mi pare che la scuola pubblica sia un residuo di un tempo in cui la gente era povera, servivano braccia nei campi e i genitori non volevano far studiare i figli e i libri - e in generale l'accesso a informazione di qualita' - costavano tantissimo. Nessuna delle premesse esiste ancora. E' ora di svegliarsi dal torpore e rivalutare.