martedì 6 dicembre 2011

La manovra salva-Italia in 55 minuti

Beh, varrebbe la pena di guardarlo tutto, io l'ho fatto.

Se l'Italia uscisse dall'Euro

Ho letto di recente un "dossier" de La Stampa a firma di Tonia Mastrobuoni, cioe' un articolo che dipinge un'eventuale uscita dall'Euro in toni piu' che apocalittici. In un certo senso questo dossier mi ha dato la motivazione per riprovare a tenere un blog. Fino a quando ci saranno persone intelligenti che scrivono cose simili su testate importanti come La Stampa, non mi mancheranno gli spunti creativi.

Premetto qui che il sottoscritto considera l'Euro come un traguardo unico e insostituibile, il vanto della civilizzazione europea moderna. Se un giorno nel futuro l'Italia dovesse trovarsi costretta dalle circostanze a restaurare la propria sovranita' monetaria, la considererei una sconfitta deprimente. Premetto anche che faro' della fantaeconomia che il lettore e' invitato a prendere con spirito critico. Almeno, pero', le mie fantasticherie sono esplicitamente marchiate come tali e basate su anni di studio di economia e storia delle crisi finanziarie.

Che cosa succederebbe se domattina il Dottor Monti si svegliasse e decidesse di gettare la spugna e reinstaurare la lira?

Per prima cosa, un'uscita dall'euro avrebbe come necessaria misura accompagnativa la conversione forzosa da euro a lire di tutti i debiti, pubblici e privati, contratti sotto la giurisdizione della Repubblica Italiana, inclusi quindi molti dei debiti dello Stato Italiano. Questo costituirebbe un "default" senza ombra di dubbio perche' i titoli in mano agli investitori verrebbero scambiati, loro malgrado, con titoli di valore inferiore. Gli investitori esteri perderebbero molto. La stessa cosa capiterebbe agli investitori nostrani ma poiche' tutto il mondo intorno a loro verrebbe convertito in lire, le loro perdite sarebbero in parte bilanciate da guadagni. Ad esempio, il mutuo sulla casa verrebbe pure convertito in lire, e tutte le famiglie con una posizione debitoria guadagnerebbero molto.

E' qui che la prima discordia sorge tra me e Ms. Mastrobuoni. Secondo lei:
Il primo dilemma sarebbe decidere se convertire o meno tutti i debiti attualmente denominati in euro, compreso quello pubblico da oltre 1.900 miliardi, nella nuova moneta. Schiere di avvocati delle banche o delle finanziarie che detengono titoli di Stato e crediti con l’Italia sarebbero coi fucili puntati, pronti a mettere in dubbio qualsiasi ipotesi di cambio.
"Le Banche" (!) in Italia sono controllate per lo piu' da fondazioni, che per lo piu' sono controllate da politici, che per lo piu' sono gli stessi che deciderebbero un'uscita dall'euro; ma anche ponendo che "le Banche" siano in grado di cambiare la rotta del governo, probabilmente si opporrebbero all'uscita dall'Euro, non alla conversione post-uscita; uscire dall'Euro senza convertire il debito dello Stato in lire non ha senso ed e' un'idea cosi' balzana che non mi era nemmeno venuta in mente prima di leggere questo articolo.

Dato che oramai il vaso di Pandora e' stato aperto, proviamo a fantasticare un po'. E' pacifico che se l'uscita dall'Euro accadesse, la lira si svaluterebbe fortemente verso quel che rimane dell'Euro. Che cosa succederebbe se le banche ottenessero di convertire in lire i propri debiti (cioe' le obbligazioni detenute dai risparmiatori) ma non i propri crediti (cioe' titoli di stato e mutui)? Carlo Rossi si troverebbe ad avere reddito in lire, patrimonio in lire, e debiti in euro - che, una volta convertiti in lire, sarebbero molto piu' grandi di prima a confronto con reddito e patrimonio. Nel caso poco probabile che il Parlamento approvasse una legge del genere, ci sarebbe la rivoluzione ancora prima che Carlo Rossi dichiarasse il fallimento e smettesse di pagare i debiti.

Nella storia appena raccontata, basta sostituire "Carlo Rossi" con "Stato", "Banca" o "Impresa" e tutto fila. Tutti abbiamo un bilancio con attivo e passivo. No, non penso che "Le Banche" vogliano questo.

Ma allora cosa succederebbe?

Intanto, l'uscita dall'Euro e' molto meglio di un default vero e proprio. Tutti i creditori di diritto italiano (per esempio, le banche) potrebbero gestire la transizione facendo finta che nulla sia successo. Basterebbe moltiplicare tutti i numeri sul bilancio per 1936.27 eccetto che il valore dell'attivo e passivo estero. La maggior parte delle imprese potrebbero far finta di niente, e se ci sono delle perdite in termini reali, invece che essere scontate tutte subito esse verrebbero evaporate piano piano negli anni e nessuno andrebbe in bancarotta. Questo e' fondamentale soprattutto per le banche, che hanno una capacita' di assorbire perdite molto limitata. Rimane l'incazzatura degli altri creditori non nostrani, ma almeno qui la transizione sarebbe relativamente liscia.

Non funzionerebbe dite? Funzionerebbe. E' la stessa cosa che avvenne negli anni '70 quando la maggior parte dei paesi occidentali scopri' (e abuso' de) la propria abilita' di stampare moneta. Allora, una banca che aveva soldi investiti in Buoni del Tesoro da 30 anni avrebbe subito perdite del 50-70% del capitale come ridere di fronte a una botta di inflazione. Ma la possibilita' di contare queste perdite come minore reddito da interessi spalmato su 30 anni non ha reso la cosa troppo drammatica.

Se il debito fosse ridenominato in lire, sarebbe comunque ancora titanico - 116% del PIL, a prescindere dall'unita' di conto - ma lo Stato riacquisterebbe la preziosa possibilita' di stampare denaro, creando inflazione e svalutando le proprie obbligazioni. Stampare soldi e' un modo triste di rispettare le proprie obbligazioni, ma e' sicuramente piu' facile che rinegoziare il debito come e' stato fatto in molti paesi che sono andati in bancarotta (default) vera e propria.

Infine, si e' sentito molto dire che negli ultimi 10 anni gli Italiani hanno smesso di investire in BOT. Mi ricordo cosi' a braccio che ho guardato i dati due mesi fa. La percentuale di titoli di stato detenuti in patria e' scesa effettivamente dal 90 al 50 per cento. Ma allora cosa hanno in mano gli italiani? titoli di stato francesi e tedeschi! Un trionfo della diversificazione. Noi abbiamo i loro, e loro hanno i nostri, e la ragione per cui e' successo e' che la moneta unica ha ridotto drasticamente i costi di transazione per investire in titoli stranieri (in euro). Assumendo che francesi e tedeschi non vadano in bancarotta, i risparmiatori italiani finirebbero per essere gli unici a guadagnare (tantissimo) dalla diversificazione. Non che sia una cosa bella, ma vale la pena di buttarla li' se si vuol fare un discorso serio per stabilire se conviene uscire dall'Euro oppure no.

OK, basta parlare di creditori e debitori. E io?

Il catenaccio dell'articolo legge:
La nuova lira crollerebbe, inflazione e tassi alle stelle. Le svalutazioni dei nostri beni arriverebbero al 60%
WOW! Mancano solo la Peste e la Guerra. E' vero, il cambio crollerebbe. Se la conversione fosse effettuata a 1936.27 lire per euro, il nuovo cambio salterebbe presto molto piu' in giu'. Non so pero' chi possa sapere esattamente dove. 60%? 30%? Accettiamo l'apocalittico 60% che ci e' stato suggerito, e precisiamolo ulteriormente. Il nuovo cambio sarebbe 3200 lire per euro. Anche cosi', il potere d'acquisto dei salari non diminuirebbe del 60%. E' assurdo pensarlo. Intanto, se un americano e' disposto a pagare 100 dollari per un paio di Jeans della Diesel, saranno ancora disposti domani. E questi 100 dollari avranno lo stesso valore reale di prima. E la Barilla? probabilmente costerebbe uguale in termini reali, visto che e' fatta in Italia. La benzina? ah, quella costerebbe di piu'. Ma quant'e' la benzina nel budget di una famiglia italiana? forse il 5%, forse il 10%. Se la benzina prendesse a costare il 60% in piu', cio' sottrarrebbe a una famiglia italiana il 60% del 10% cioe' il 6% di risorse reali. Meta' del prezzo della benzina pero' e' fatto di tasse. Se lo Stato riducesse l'accisa in modo da mantenere i propri introiti reali al livello precedente, l'aumento sarebbe soltanto del 3%. Ci sarebbero altri aumenti, sicuro. Ma i salari degli operai della Diesel potranno aumentare in lire dato che aumenta il fatturato in lire. Quindi, tutto considerato, ci sarebbero perdenti e vincitori ma non sarebbe la fine del mondo. In breve: piu' Diesel, meno benzina.

E il credito? le imprese non avrebbero piu' ossigeno!

Mastrobuoni continua inarrestabile:
l’onere sui prestiti di ogni tipo balzerebbe, nello scenario Ubs meno pessimista, di ben 7 punti rispetto al livello attuale. Le banche rischierebbero così di paralizzarsi o addirittura di fallire - anche a causa del «bank running»
Il "bank running" mi fa venire in mente il ragionier Fantozzi che fa la maratona aziendale. Immagino che l'autrice intendesse "bank run", ma "run" e' un sostantivo e come tale non si puo' coniugare alla forma in -ing. Ma capisco il tentativo, data la difficolta' di tradurre questo termine che significa "corsa alla banca", o "assalto", o "assedio".

Gli interessi nominali salirebbero, e' vero, a causa dell'inflazione. Gli interessi reali? forse che si', forse che no. Se il tasso d'interesse nominale sale di 7 punti percentuali e l'inflazione sale di 8, il tasso reale e' diminuito! Probabilmente quello che l'autrice intende dire e' che i tassi di interesse reali salirebbero perche', date le premesse assurde di conversione alla lira di tutto eccetto i debiti, tutti andrebbero in bancarotta, e si avrebbe una contrazione del credito enorme. Appena ho tempo leggero' questo rapporto dell'UBS ma non vedo una ragione perche' una misura essenzialmente espansiva (restaurare la sovranita' monetaria e stampare soldi) debba invece creare una contrazione.

Ma anche se non diminuisce il tasso d'interesse reale, l'effetto immediato dell'inflazione sarebbe un massiccio alleggerimento degli oneri preesistenti, che metterebbe le imprese italiane in grado di affrontare nuovi oneri senza problemi, e sarebbe probabilmente indifferente o positivo per le banche, che per definizione prendono a presto soldi a un tasso e li riprestano a un tasso piu' alto e magari approfittando della confusione riescono a spremerci un punticino di "spread". ("Spread" in generale e' la differenza tra due tassi. In questo caso, e' il margine delle banche. Nel caso piu' comunemente noto e' la differenza tra gli interessi sui buoni del tesoro nostrani e quelli tedeschi).

Il costo dell'uscita dall'euro
una scelta così drastica come quella di abbandonare l’euro costerebbe a ogni cittadino italiano, secondo Ubs, inizialmente tra 9.500-11.500 euro all’anno. Passata l’emergenza, il costo rimarrebbe comunque alto, tra 3-4000 euro all’anno.
Anche qui mi riservo guardare il rapporto di UBS originale. Qualcosa pero' posso gia' dire: se si esce dall'Euro ci sarebbero costi dovuti all'estrema inconvenienza logistica dell'operazione e del ritorno alla lira, una moneta di periferia. Ma l'idea e' che si esce - malvolentieri - se i benefici superano i costi di un bel po'. Se il costo e' di 10.000 euro per 60 milioni di italiani stiamo parlando di 600 miliardi di euro di costi. Se il debito dello Stato venisse ridotto del 60% (utilizzando la cifra provvista dall'autrice) ci guadagneremmo piu' o meno 1.300 miliardi di euro, ai quali vanno aggiunti tutti i debiti esteri delle imprese private e dei cittadini che potrebbero arrotondare, cosi a naso, a 1.500. Un guadagno netto di quasi un trilione di euro! (Non e' cosi' semplice, ma almeno e' un punto di partenza piu' giusto per una discussione socratica di costi e benefici). Non sono uno di quelli che vogliono venir fuori con un numero a tutti i costi, ma mi riprometto di scrivere qualcosa in piu' su questo tema.

Ma guarda che cosa e' successo in Argentina nel 2001!

Non finiremo come l'Argentina. Non voglio elucubrare su questo punto qui e ora, ma ne sono piu' che sicuro. Capire pero' perche' una svalutazione puo' avere conseguenze reali drammatiche come la crisi argentina del 2001 e' fondamentale.