mercoledì 4 aprile 2012

Una TAC per la TAV

La discussione sulla TAV in Valsusa è un esempio perfetto di ciò che questo blog vorrebbe evitare: una serie interminabile di esternazioni incontrollate e contraddittorie. A sentire alcuni ha la valenza del canale di Panama. A sentire altri equivale al terremoto del Belice. Ovviamente posizioni così estreme si possono reggere solo su argomenti mitologici. Da una parte, il fantasmagorico corridoio 5 Lisbona Kiev (ora ricatalogato, ma i miti restano). Auguriamoci che Benfica e Dinamo si incrocino in Europa League fra qualche anno, perché solo un ultras sfegatato potrebbe essere spinto a percorrere tutta la tratta. Dall’altra, la valle incontaminata violentata dalla brutale invasione aliena. Non conosco bene la Valsusa, ma se è come altre valli alpine di lingua italiana che conosco, devono averci già pensato i locali a piantumarla per bene.

Ora qui il punto non è fornire un’altra esternazione qualsiasi. Ma nemmeno pontificare luoghi comuni del tipo “la verità sta nel mezzo”. Anzi, siccome mi piace giocare a carte scoperte, dichiaro subito la mia posizione non neutrale: sono contrario alla TAV in Valsusa. Ossia, se fossi al posto del nostro premier Monti (tutti lo tirano per la giacchetta, perché io no?) ritirerei il progetto, come per il ponte sullo stretto. Ma il punto è che questa posizione può essere motivata con affermazioni molto più caute, moderate e relative di quelle di chi imbratta vergognosamente i nuovi (!) treni dei pendolari fra Milano-Torino. Devo premettere che le mie affermazioni si basano su una forma di razionalità limitata. Le limitazioni sono dovute alla mancanza di dati numerici che reputo affidabili. Non sono un amante dei dati: selezionandoli ed etichettandoli furbescamente, spesso si riesce a dare la rappresentazione della realtà che si preferisce. Inoltre, si tratterebbe in questo caso di dati di seconda, terza o quarta mano. O forse non è nemmeno corretto chiamarli dati: si tratta di proiezioni. Le proiezioni di traffico tra Lisbona e Kiev lasciano il tempo che trovano, sono addirittura in controtendenza rispetto al trend attuale. Sarei più tranquillo con le proiezioni dei tempi e dei costi, ma qui entra in gioco il fattore Italia. Ma ritengo le mie motivazioni robuste rispetto a oscillazioni dei dati in un intervallo credibile. E in ultima analisi si tratterà di motivazioni relative, di confronto, che prescindono dal livello assoluto delle variabili.

In un mondo di risorse limitate, in uno stato dalle risorse finanziarie molto limitate, con risorse temporali ormai agli sgoccioli su molte questioni aperte, converrete con me che i “tanti soldi” e il “tanto tempo” da spendere per la TAV in Valsusa possano essere spesi meglio. Si possono trovare molti esempi. Retoricamente ma purtroppo non tanto, ci si può appellare alle scuole che cadono in testa ai bambini. Alle colline che franano sui vecchi. O su risorse economiche, come le Cinque Terre. Ma non voglio soffermarmi su questioni così lontane dalla TAV e che per il naso di molti italiani puzzano di ideologico (forse invece sarebbero priorità da allarme rosso per uno svizzero, eppure dovrebbe avere il cuore più duro). I confronti diventano troppo difficili, sia da un punto di vista oggettivo che soggettivo. Parlerò allora solo ed esclusivamente di trasporto passeggeri e merci. Così è facile capire se la TAV in Valsusa è a ragione o meno in cima alla lista delle priorità.

Trasporto merci. Uno degli artifici dei sostenitori della TAV è quello di cambiare TAV in TAC (treno ad alta capacità) quando la discussione si fa scomoda. Spiazzati dal cambiamento di paradigma, spesso gli oppositori non riescono più a risintonizzarsi sul nuovo piano del dibattito. Non voglio correre questo rischio e mi sintonizzo direttamente sulla TAC. Il trasporto merci su rotaia in Italia è ridicolo. Il problema non è la modernità delle linee, perché i treni merci sono dei ferrivecchi; il problema è dove diavolo caricare e scaricare la merce dai treni. Mancano le piattaforme logistiche e l’organizzazione circostante. Ma per la Valsusa si sente dire che, almeno stando alle proiezioni, anche la linea esistente (sì, c’è già la ferrovia in Valsusa!) sarà insufficiente. Prima di tutto, anche ammettendo che la nuova linea sia necessaria, non è sufficiente. Ci sono progetti, soldi, volontà di rifare tutto il sistema del trasporto merci su rotaia in Italia? Se sì, discutiamo della linea in Valsusa, se no sarebbe solo l’ennesima cattedrale nel deserto italiota, che grida vendetta al paesaggio e alle carenze infrastrutturali ben più gravi. Nessuno sembra sentirsi in dovere di darci queste risposte complementari. Forse ci basta essere un corridoio per Kiev. Ma anche in uno scenario di improvviso sviluppo del trasporto merci in Italia, la TAC in Valsusa è necessaria o quanto meno prioritaria? Per la necessarietà, bisogna immaginare che la linea esistente arrivi a saturazione, dato che dalla velocità delle merci non importa nulla a nessuno. Le iperboliche previsioni di saturazione della linea esistente tengono conto che sarà sempre più facile mettere un treno in fila all’altro? Non stiamo parlando di “rocket science”, sicuramente delle persone di buona volontà lo possono fare già adesso, quasi come per le metropolitane. A questo proposito me la sento di fornire un dato: la linea esistente ha 2, non 1, binari. Infine, per non voler accettare nemmeno il minimo rischio che la Valsusa diventi l’ignominioso collo di bottiglia fra Kiev e Lisbona, bisogna essere invece molto ottimisti sul fatto che in Italia non esistano altri colli di bottiglia infrastrutturali più gravi e meno costosi da eliminare. Le Autostrade del Mare (che non sono autostrade ma solo un’organizzazione per sfruttare una cosa che c’è già, cioè il mare) erano una soluzione perfetta per bypassare i colli di bottiglia dati dalle infrastrutture e dall’orografia della terra ferma. Non se ne parla più, forse anche perché perforare 50 chilometri di montagna è molto più costoso.

Trasporto passeggeri. A parte gli ultras del Benfica e della Dinamo, nessuno percorrerà mai davvero il corridoio 5, ma un suo segmento sì. Su quali distanze il treno è competitivo con l’aereo? Visti i tempi e i costi dell’alta velocità in giro per l’Europa, direi sotto i 600/700 kilometri. Infatti è la distanza fra Milano e Roma o Napoli e lì il dubbio se prendere il treno o l’aereo sorge. Cosa c’è aldilà di quel tunnel al di sotto di quella distanza? La Savoia, meta d’élite. Lione, bella, per carità. La Borgogna, bellissima, ma consiglio l’auto. Basta. Bisogna allungare il raggio per raggiungere Parigi o Barcellona. Che poi per Parigi converrebbe attraversare la Svizzera, ma gli svizzeri non stanno facendo la corsa alla TAV. Che strano. Da questa parte del tunnel invece che esigenze di trasporto passeggeri ci sono? Milioni di pendolari alla canna del gas. Che prendono la macchina e riducono alla canna del gas (letteralmente stavolta) chi abita già in città (o tutta la pianura padana, per solidarietà climatica). Per non parlare del sud. Ma la domanda conclusiva è: ammesso che tutti viaggeremo in treno fra Italia e Francia e la cosa fa piacere perché il treno è più pulito dell’aereo e così forse impariamo la cura del territorio francese prima di chiedere fiducia alle popolazioni locali: vale la pena spendere così “tanti soldi” e così “tanto tempo” per andare più veloci per 50 chilometri? Mettevi comodi, prendetevi un buon giallo e magari riuscirete a scoprire l’assassino prima di Lione.

martedì 3 aprile 2012

Dopo il mio ultimo post dell'1/1, ecco il mio post del 4/4. Spero di fare il prossimo prima del 9/9.

Preambolo polemico

La spinta viene da un post del buon Michele Boldrin intitolato Il governo Monti ed il continuismo, ispirato a sua volta da una lettera un po' estemporanea del nostro caro Primo Ministro al Corriere della Sera. Per quanto mi piacciano generalmente gli articoli scritti da Boldrin e dalla maggior parte della sua gang, questo mi ha lasciato un po' cosi'. Vorrei percio' sproloquiare per un quarto d'ora sui grandi temi che tale articolo utilmente porta al centro della discussione:
  • Possiamo salvare l'economia italiana dal declino?
  • Che cosa sta facendo Monti a questo proposito, e perche'?
  • Ci piace quello che sta facendo? e che altro andrebbe fatto?
Prima di cominciare, pero',... non resisto... c'e' un paio di punti sui quali voglio soffermarmi in dettaglio.

Primo: dalla Lettera di Monti ai Milanesi, versetti 1:4:
Caro Direttore, 
vedo solo ora che alcune considerazioni da me fatte in una conferenza tenuta l'altro ieri a Tokyo presso il giornale Nikkei hanno suscitato vive reazioni in Italia.
Vedete cosa succede a mandare le catene di Sant'Antonio dove ci si lamenta che i parlamentari c'hanno il telefonino gratis? Che adesso Monti non c'ha neanche il treggi' per leggersi il Corriere Online e deve andare all'edicola centrale di Shibuya a prendersi la Repubblica stampata in bianco e nero con le notizie dell'altro ieri.

Secondo: dalla Lettera di Boldrin ai Romani, Paragrafo 5:
Nel caso non si fosse capito Mario Monti si candida a futuro inquilino del Colle o a prossimo Presidente del Consiglio.
Al che, mi devo essere perso qualcosa di grosso perche' avevo creduto a Monti quando ha detto (Paragrafo 9):
torneranno governi «politici», come è naturale (perfino in Giappone, ho dichiarato che il sottoscritto sparirà e che il «montismo» non esiste!).
Qui veramente chiedo l'aiuto dei lettori per una spiegazione.

Terzo e ultimo: l'avanzo primario. Qui non ho molto da citare perche' Boldrin, sostenendo che nessun governo dal 1990 ad oggi ha tentato di fare alcunche' per ridurre le cause strutturali dell'indebitamento italiano, glissa sul decennio 2000-2010 nel quale
i governi Berlusconi si sono sempre adoperati per diminuire l'avanzo primario aumentato dagli altri governi (nei periodi 1996-2001 e 2006-2008), minando così alla base il percorso di risanamento delle finanze pubbliche
(cito da un altro articolo sullo stesso sito). Per carita' va bene tutto ma fare di tutta l'erba un fascio mi sembra un po' affrettato. Abbiamo avuto governi mediocri, e governi tragici.

Il sugo della storia

Ma le quibbles di cui sopra non vi interessano. L'altra mattina, trovandomi a Nuova York, mi sono imbucato a una colazione sponsorizzata dall'Economic Club of New York, dove un banchiere pezzo grosso in pensione presentava un libro. Il tipo raccontava che "bisogna fare le riforme in Europa, ma in molti paesi si pensa di potercesela cavare sempre, di avere ancora tempo per i battibecchi, eccetera eccetera". Aggiungeva poi che almeno in Italia "finora tutto bene, Monti sembra stare facendo quel che deve fare".

Mi sono chiesto - e purtroppo non ho avuto occasione di chiedere - che cosa deve fare Monti? E' una domanda che ho gia' da un po'. E' salito al potere come "tennico", dicendo esplicitamente di non voler fare il politico. Ha alzato le tasse. Nel breve termine, purtroppo andava fatto. Ha detto che gli dispiaceva. Bene. Ha dato una stretta all'evasione, non so i dettagli, mi e' sembrato un po' una cosa da stato di polizia, ma tanto l'Italia e' gia' uno stato di polizia, quindi va bene cosi'. Bene. Poi ha detto, misure per la crescita. Cosa c'e' di piu' "politico" in natura della crescita? Praticamente, la politica esiste perche' non siamo d'accordo su che cosa fare per favorire la crescita.

Beh, per Monti, la crescita si favorisce tramite "liberalizzazioni" e "riforma del lavoro". Quindi, il pacchetto Monti ha finito per essere il classico pacchetto-purga FMI (austerita' + riduzione del potere contrattuale di proletariato e caste varie), soltanto autoimposto. Non vi e' sfuggito come e' stato osannato all'estero, vero? tutti a dire "che bravo Monti" eccetera eccetera. Ma essendo io uno scettico, non ho posizioni preconcette. Se il pacchetto purga funziona (assumendo che si riesca a far passare dal parlamento) ben venga.

Di riforma del lavoro non sono un esperto e parlero' poco. Quello che dico e' che semplicemente l'idea di avere due classi di lavoratori (specialmente per contributi pensione e TFR) non mi e' mai piaciuta. Ovvio che quando tutti i contratti "flessibili" sono stati introdotti, si era detto come andava a finire, quindi questa riforma sembra a me piu' che altro una razionalizzazione dello zoo legale esistente. (Un lavoro da "tennico", appunto). Quindi qui non e' che sia successo granche'.

Di liberalizzazioni pure non sono un esperto, ma ho notato con piacere che e' stata tentata (timidamente) la "liberalizzazione" dei notai. Il sistema legale italiano e' uno dei piu' gravi ostacoli alla crescita, e in questo includo la lentezza del sistema giudiziario, la farraginosita' e arbitrarieta' delle leggi, e l'esistenza dei notai. Questi tre elementi sono dei macigni che bloccano la via dell'investimento, nostrano ed estero. Il sistema giudiziario e' lento e imprevedibile, rendendo i diritti dei cittadini (e peggio ancora degli investitori stranieri) una questione di legge del piu' forte. Le leggi sono talmente complicate che era meglio farle scrivere a Goedel - a volte danno luogo a questioni indecidibili all'interno del sistema (chiedete come e' semplice l'IVA a un commercialista qualunque). Vien da pensare che l'arbitrarieta' delle regole sia creata di proposito per creare preziose opportunita' per l'amministratore pubblico che le deve interpretare. I notai, un residuo dell'era medievale, creano costi di transazione di ordini di grandezza superiore al beneficio sociale. Quindi ben venga una liberalizzazione, cosi' almeno il costo dei servizi di un notaio dovrebbe avvicinarsi al beneficio marginale (eh, eh). Purtroppo pero' la "liberalizzazione" proposta consiste nell'aumento del numero delle licenze. Non e' ovvio che questa sia una soluzione permanente; anche assumendo che la popolazione e l'economia italiana siano in declino (quindi il numero di notai per abitante o per transazione aumenta naturalmente), il titolo e' praticamente ereditario, il che non favorisce molto la competizione dopo una botta una tantum.

E si liberalizzano i taxi, che sara' pure una cosa buona, ma i tassisti non fanno mai tanti soldi. Non e' certo colpa loro se l'economia non funziona. Certo, ci piacerebbero piu' tassisti in giro, e a meno, ma vabbeh. Quindi anche in questo caso non e' successo granche'.

Eh. Vedremo un po' che cosa succede nei prossimi mesi, ma per adesso non si e' fatto granche'. Rimango dell'opinione che il declino e' una cosa che puo' essere arrestata in qualunque momento. Torneremo in una successiva puntata con opinioni piu' "politiche" su come stimolare la crescita, ad uso e consumo del prossimo governo.