Ora qui il punto non è fornire un’altra esternazione
qualsiasi. Ma nemmeno pontificare luoghi comuni del tipo “la verità sta nel
mezzo”. Anzi, siccome mi piace giocare a carte scoperte, dichiaro subito la mia
posizione non neutrale: sono contrario alla TAV in Valsusa. Ossia, se fossi al
posto del nostro premier Monti (tutti lo tirano per la giacchetta, perché io
no?) ritirerei il progetto, come per il ponte sullo stretto. Ma il punto è che
questa posizione può essere motivata con affermazioni molto più caute, moderate
e relative di quelle di chi imbratta vergognosamente i nuovi (!) treni dei
pendolari fra Milano-Torino. Devo premettere che le mie affermazioni si basano
su una forma di razionalità limitata. Le limitazioni sono dovute alla mancanza
di dati numerici che reputo affidabili. Non sono un amante dei dati:
selezionandoli ed etichettandoli furbescamente, spesso si riesce a dare la
rappresentazione della realtà che si preferisce. Inoltre, si tratterebbe in
questo caso di dati di seconda, terza o quarta mano. O forse non è nemmeno
corretto chiamarli dati: si tratta di proiezioni. Le proiezioni di traffico tra
Lisbona e Kiev lasciano il tempo che trovano, sono addirittura in
controtendenza rispetto al trend attuale. Sarei più tranquillo con le
proiezioni dei tempi e dei costi, ma qui entra in gioco il fattore Italia. Ma
ritengo le mie motivazioni robuste rispetto a oscillazioni dei dati in un
intervallo credibile. E in ultima analisi si tratterà di motivazioni relative,
di confronto, che prescindono dal livello assoluto delle variabili.
In un mondo di risorse limitate, in uno stato dalle risorse
finanziarie molto limitate, con risorse temporali ormai agli sgoccioli su molte
questioni aperte, converrete con me che i “tanti soldi” e il “tanto tempo” da
spendere per la TAV in Valsusa possano essere spesi meglio. Si possono trovare
molti esempi. Retoricamente ma purtroppo non tanto, ci si può appellare alle
scuole che cadono in testa ai bambini. Alle colline che franano sui vecchi. O
su risorse economiche, come le Cinque Terre. Ma non voglio soffermarmi su
questioni così lontane dalla TAV e che per il naso di molti italiani puzzano di
ideologico (forse invece sarebbero priorità da allarme rosso per uno svizzero,
eppure dovrebbe avere il cuore più duro). I confronti diventano troppo
difficili, sia da un punto di vista oggettivo che soggettivo. Parlerò allora
solo ed esclusivamente di trasporto passeggeri e merci. Così è facile capire se
la TAV in Valsusa è a ragione o meno in cima alla lista delle priorità.
Trasporto merci. Uno degli artifici dei sostenitori della
TAV è quello di cambiare TAV in TAC (treno ad alta capacità) quando la
discussione si fa scomoda. Spiazzati dal cambiamento di paradigma, spesso gli
oppositori non riescono più a risintonizzarsi sul nuovo piano del dibattito.
Non voglio correre questo rischio e mi sintonizzo direttamente sulla TAC. Il
trasporto merci su rotaia in Italia è ridicolo. Il problema non è la modernità
delle linee, perché i treni merci sono dei ferrivecchi; il problema è dove
diavolo caricare e scaricare la merce dai treni. Mancano le piattaforme
logistiche e l’organizzazione circostante. Ma per la Valsusa si sente dire che,
almeno stando alle proiezioni, anche la linea esistente (sì, c’è già la
ferrovia in Valsusa!) sarà insufficiente. Prima di tutto, anche ammettendo che
la nuova linea sia necessaria, non è sufficiente. Ci sono progetti, soldi,
volontà di rifare tutto il sistema del trasporto merci su rotaia in Italia? Se
sì, discutiamo della linea in Valsusa, se no sarebbe solo l’ennesima cattedrale
nel deserto italiota, che grida vendetta al paesaggio e alle carenze
infrastrutturali ben più gravi. Nessuno sembra sentirsi in dovere di darci
queste risposte complementari. Forse ci basta essere un corridoio per Kiev. Ma
anche in uno scenario di improvviso sviluppo del trasporto merci in Italia, la
TAC in Valsusa è necessaria o quanto meno prioritaria? Per la necessarietà,
bisogna immaginare che la linea esistente arrivi a saturazione, dato che dalla
velocità delle merci non importa nulla a nessuno. Le iperboliche previsioni di
saturazione della linea esistente tengono conto che sarà sempre più facile
mettere un treno in fila all’altro? Non stiamo parlando di “rocket science”,
sicuramente delle persone di buona volontà lo possono fare già adesso, quasi
come per le metropolitane. A questo proposito me la sento di fornire un dato:
la linea esistente ha 2, non 1, binari. Infine, per non voler accettare nemmeno
il minimo rischio che la Valsusa diventi l’ignominioso collo di bottiglia fra
Kiev e Lisbona, bisogna essere invece molto ottimisti sul fatto che in Italia
non esistano altri colli di bottiglia infrastrutturali più gravi e meno costosi
da eliminare. Le Autostrade del Mare (che non sono autostrade ma solo un’organizzazione
per sfruttare una cosa che c’è già, cioè il mare) erano una soluzione perfetta per
bypassare i colli di bottiglia dati dalle infrastrutture e dall’orografia della
terra ferma. Non se ne parla più, forse anche perché perforare 50 chilometri di
montagna è molto più costoso.
Trasporto passeggeri. A parte gli ultras del Benfica e della
Dinamo, nessuno percorrerà mai davvero il corridoio 5, ma un suo segmento sì.
Su quali distanze il treno è competitivo con l’aereo? Visti i tempi e i costi
dell’alta velocità in giro per l’Europa, direi sotto i 600/700 kilometri.
Infatti è la distanza fra Milano e Roma o Napoli e lì il dubbio se prendere il
treno o l’aereo sorge. Cosa c’è aldilà di quel tunnel al di sotto di quella
distanza? La Savoia, meta d’élite. Lione, bella, per carità. La Borgogna,
bellissima, ma consiglio l’auto. Basta. Bisogna allungare il raggio per
raggiungere Parigi o Barcellona. Che poi per Parigi converrebbe attraversare la
Svizzera, ma gli svizzeri non stanno facendo la corsa alla TAV. Che strano. Da
questa parte del tunnel invece che esigenze di trasporto passeggeri ci sono?
Milioni di pendolari alla canna del gas. Che prendono la macchina e riducono
alla canna del gas (letteralmente stavolta) chi abita già in città (o tutta la
pianura padana, per solidarietà climatica). Per non parlare del sud. Ma la
domanda conclusiva è: ammesso che tutti viaggeremo in treno fra Italia e
Francia e la cosa fa piacere perché il treno è più pulito dell’aereo e così
forse impariamo la cura del territorio francese prima di chiedere fiducia alle
popolazioni locali: vale la pena spendere così “tanti soldi” e così “tanto
tempo” per andare più veloci per 50 chilometri? Mettevi comodi, prendetevi un
buon giallo e magari riuscirete a scoprire l’assassino prima di Lione.